Sono 25 anni che ogni tanto, qualche weekend, con la famiglia ci muoviamo verso la frescura del paese di Cevo, in Vallecamonica. E ogni anno, se riesco, partecipo sempre molto volentieri alla commemorazione dell’anniversario dell’incendio del paese, fatto per mano Nazi-Fascista nel Luglio del ’44. Da appassionato di fatti storici, soprattutto delle due Guerre Mondiali, questo terribile episodio mi ha colpito molto, soprattutto perché, dopo tutti questi anni, mi sento molto legato al paese.
Ho deciso quindi, quest’anno, di realizzare un piccolo reportage di una decina di minuti di questa manifestazione.
Di seguito un breve scritto, tratto dal sito del Museo della Resistenza di Cevo, che racconta il susseguirsi dei quei terribili momenti:
“Il 3 Luglio si stavano preparando a Cevo i funerali del giovane Partigiano Luigi Monella della 54a Brigata Garibaldi, ucciso durante uno scontro a fuoco, avvenuto il 1°Luglio nei pressi della centrale di Isola, con il presidio militare fascista. Nella sparatoria caddero anche tre militi, due vengono feriti, gli altri si daranno alla fuga.
Il comando della GNR di Breno, ben informato da spie locali, organizza una rappresaglia che scatta il 3 Luglio. L’obiettivo è quello di assalire e annientare, una volta per tutte, i partigiani della 54a Brigata Garibaldi che, in massa, parteciperanno al funerale di Luigi Monella. I componenti la Brigata avevano trascorso la notte nel paese di Cevo per essere pronti, di buon mattino per la cerimonia funebre. Alle 6 antimeridiane, tre colonne fasciste salgono da Grevo, da Andrista e da Berzo-Monte, ma i Partigiani che comunque erano all’erta, collocati in luoghi ben conosciuti, ingaggiano uno scontro e riescono a fermare gli avversari ma, il numero e l’armamento nettamente superiori decidono la sorte dello scontro a favore delle forze fasciste che dopo due ore di combattimento riescono a entrare in paese dove mettono in azione lanciafiamme e bombe incendiarie.
Alcune camice nere, certamente bene informate, si dirigono a casa del giovane Luigi Monella, strappano bandiera tricolore e cospargono di benzina la bara, dando fuoco alla salma e alla casa. Altri iniziano a provocare nuovi lutti. Cadono sotto i colpi fascisti il barbiere Giacomo Monella, la contadina Giacomina Biondi, lo scalpellino Francesco Biondi, un ragazzo di 19 anni Cesare Monella si arrende ma viene vigliaccamente ammazzato, un altro ragazzo di 18 anni Giovanni Scolari catturato dopo essere stato legato su una sedia viene torturato per costringerlo a rivelare i nascondigli dei partigiani, non riuscendo nell’intento lo fucilano. Uno dei carnefici, con un calcio, fa rotolare il cadavere, ancora legato alla sedia, lungo una scarpata. Il corpo e la sedia scheggiata dalle pallottole verranno recuperati e dopo aver sepolto il giovane, la sedia verrà custodita gelosamente. Ora è conservata nel Museo della Resistenza della Valsaviore come reliquia/reperto a perenne ricordo della crudeltà fascista. La sesta vittima è Domenico Rodella di Saviore, un uomo di cinquant’anni, invalido della grande guerra, viene torturato e ucciso perché denunciato da una spia come favoreggiatore dei Partigiani. Il Paese di Cevo è quasi completamente distrutto, nell’incendio vengono danneggiate centocinquanta abitazioni e centinaia di cevesi rimasero senza tetto. Alcune case furono incendiate anche a Saviore e molte furono depredate …”. (Note liberamente tratte dal libro – la terza età della Resistenza – di Tullio Clementi e Luigi Mastaglia).
Questa invece, la canzone dedicata all’Incendio di Cevo.